La Corte di giustizia, con la sentenza Eurobolt del 3 luglio scorso (causa C-644/17), ha dichiarato illegittimo un regolamento europeo – nella specie, un atto istitutivo di un dazio antidumping – per non aver rispettato il processo legislativo previsto e per aver violato il diritto di difesa di un’impresa.
La società olandese Eurobolt, in quanto importatore di elementi di fissaggio in ferro e in acciaio provenienti dall’Asia, è stata informata dalla Commissione europea di un’inchiesta antidumping riguardante i prodotti dichiarati come originari della Malesia, per il sospetto di un’elusione del dazio antidumping da tempo istituito per i prodotti cinesi. Poiché la normativa dell’Unione prevede che all’istruttoria abbiano diritto di partecipare anche i fornitori extraeuropei e gli importatori interessati, la società ha presentato tempestivamente le proprie osservazioni al Comitato consultivo.
Il dossier difensivo presentato dalla Società non è stato, però, valutato in quanto il Comitato consultivo si è riunito soltanto due giorni dopo la presentazione delle difese da parte di Eurobolt, violando il termine dilatorio di dieci giorni che deve intercorrere tra la presentazione di difese da parte degli interessati e la data della riunione, e ha approvato il Regolamento che ha previsto un dazio antidumping anche sui prodotti spediti dalla Malesia (Reg. UE n. 723/2011).
La questione è stata sottoposta ai giudici europei, i quali hanno affermato il principio secondo cui la lesione del diritto di difesa, anche nella fase di audizione nell’ambito del procedimento di approvazione di un regolamento europeo, determina l’illegittimità e dunque l’annullamento dell’atto normativo.
Con tale pronuncia, la Corte di Giustizia ha rafforzato il tema della partecipazione delle imprese nell’adozione di atti da parte delle istituzioni europee e ha riconosciuto centralità al diritto di difesa dell’operatore troppo spesso degradato, anche in ambito nazionale, a una mera formalità.