A seguito di un final report recentemente trasmesso dall’OLAF in merito a presunte frodi sulle importazioni di tubi in acciaio senza saldatura soggetti al dazio antidumping (previsto dal Regolamento UE n. 926 del 24 settembre 2009), numerosi importatori sono stati sottoposti ad accertamento da parte dell’Agenzia delle dogane.
In particolare, l’indagine dell’Organismo europeo antifrode ha contestato che alcuni produttori indiani di acciaio avrebbero importato e riesportato, verso l’Unione europea, tubi di origine cinese, eludendo i dazi antidumping applicabili. Stando al rapporto OLAF, i tubi importati dalla Cina e oggetto di lavorazione non avrebbero subito trasformazioni sufficienti a conferire alla merce l’origine indiana.
Sulla scorta del suddetto report, le Dogane europee hanno riesaminato numerose importazioni effettuate da società operanti nel settore dell’acciaio, disconoscendo l’origine indiana delle merci e richiedendo il pagamento del dazio antidumping (compreso tra il 70 e il 74% del valore). Sul punto, va però ricordato che la Commissione europea aveva già avviato una procedura d’inchiesta, all’esito della quale, attraverso il Reg. di esecuzione Ue n. 2017/2093, ha convalidato le operazioni di esportazione effettuate da numerosi produttori indiani, non ravvisando pratiche elusive del dazio.
Va inoltre segnalato che, in tema di accertamenti sull’origine fondati su indagini Olaf, la Corte di Cassazione, in una serie di casi patrocinati dal nostro studio, ha annullato diversi accertamenti doganali, ritenendo che non si fosse raggiunta una prova chiara che le indagini effettuate si riferissero proprio ai prodotti importati (Cass., sez. V, 28 febbraio 2019, n. 5933)