La Corte di Cassazione con una recente pronuncia pilota (Cass. civ., sez. V, 31 ottobre 2019, n. 28066) fa chiarezza su una questione da tempo controversa nelle aule del contenzioso tributario, relativa alla compatibilità della procedura domiciliata, ex art. 76, par. 1, CDC, con il regime di rappresentanza diretta.

Com’è noto, infatti, fino al 2015 agli operatori titolari di procedura domiciliata era preclusa, in via assoluta, la possibilità di operare in rappresentanza diretta.

La pronuncia oggetto del giudizio di cassazione, fa riferimento a una controversia sorta tra l’Agenzia delle dogane e un noto CAD, ove l’Ufficio delle dogane ha sostenuto l’incompatibilità del regime di rappresentanza diretta con la procedura di domiciliazione da parte del Centro di assistenza doganale.

E invero, secondo l’interpretazione della Corte di cassazione, alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 76, par. 1., lett. c, CDC, art. 64, par. 1 e par. 2 lett. a CDC e, in particolare, ai sensi dell’art. 5 CDC, secondo cui “chiunque può farsi rappresentare presso l’autorità doganale per l’espletamento di atti e formalità previsti dalla normativa doganale” non emergerebbe in alcun modo l’incompatibilità della procedura di domiciliazione con il regime della rappresentanza diretta.

Secondo i giudici della Suprema corte, pertanto, è lo stesso quadro normativo a dimostrare come non possa dirsi precluso al CAD, che agisce in rappresentanza diretta, la possibilità di fruire della procedura di domiciliazione ex art. 76 CDC.

La soluzione raggiunta dalla Corte di cassazione trova conforto, inoltre, in un precedente parere espresso dalla Commissione europea (EU Pilot 3670/12/TAXUD) secondo cui è lo stesso art. 5 del CDC a garantire agli spedizionieri doganali la possibilità di godere della rappresentanza diretta e indiretta, a prescindere dall’utilizzo della procedura di domiciliazione; soluzione cui, peraltro, era giunta la stessa Agenia delle dogane con la circolare 19 gennaio 2015, n. 1/D.