di Sara Armella, Massimo Monosi

Con il decreto legge 8 marzo 2020, n. 11, il Governo ha adottato misure straordinarie e urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica e per contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria. Tra le misure adottate, tutte di natura eccezionale, si segnalano la sospensione dei termini processuali, il rinvio d’ufficio delle udienze a una data successiva al 22 marzo e, sotto il profilo sostanziale, la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza durante tale periodo.
Solo tre righe sono dedicate ai processi in materia tributaria, ai quali è previsto che si applichino, in quanto compatibili, le prescrizioni relative ai processi civili e penali. In generale, è stabilito che le norme sul differimento delle udienze e sulla sospensione dei termini legali degli atti processuali si applicano anche ai giudizi fiscali (articolo 1, comma 4).
La norma, tuttavia, non considera alcune cautele indispensabili per assicurare una reale tutela del contribuente.
Ci si riferisce, in particolare, al potere di sospensione cautelare, che il giudice tributario può dispiegare per bloccare l’azione esecutiva dell’Agenzia delle entrate-riscossione, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonché degli enti locali. Si tratta di un potere fondamentale per inibire l’esecuzione forzata delle somme pretese dall’Amministrazione finanziaria e che il contribuente può invocare, presentando alle Commissioni tributarie un’apposita domanda di tutela cautelare, finalizzata all’ottenimento di un provvedimento di sospensione dell’esecuzione. Per esporre tale attività difensiva è necessario depositare, presso la Commissione tributaria territorialmente competente, un’apposita istanza motivata e discuterne la fondatezza davanti al giudice tributario, in contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria.
L’assenza di una previsione a tutela dei contribuenti pare ascrivibile a una svista, considerate le analogie tra il processo tributario e quello amministrativo, entrambi giudizi di impugnazione contro atti della Pubblica Amministrazione, in quanto tali dotati di efficacia propria. Con riferimento al processo amministrativo, il legislatore ha appositamente previsto che i procedimenti cautelari, pendenti o promossi dal 9 al 22 marzo 2020, siano decisi secondo la speciale procedura prevista per le situazioni di estrema urgenza (art. 3, d.l. 11/2020). Attraverso uno specifico rinvio alla disciplina del processo amministrativo (e, in particolare, all’art. 56), il decreto legge dispone che nei giudizi amministrativi le domande cautelari, in attesa di essere esaminate dal collegio giudicante, siano decise, in via d’urgenza, dal Presidente del Tar o della sezione competente, i quali possono disporre misure cautelari anticipatorie.
Il decreto legge, dimenticandosi di disporre in maniera analoga per i processi tributari, non ha considerato che il semplice rinvio delle udienze rischia di lasciare i contribuenti in una situazione in cui è assente ogni tutela contro l’azione esecutiva del Fisco. Si pensi, per esempio, che nel settore doganale gli atti di accertamento sono esecutivi dopo soltanto 10 giorni dalla notifica al contribuente e che, considerata l’astensione dalle udienze, molti operatori rischiano concretamente di subire l’azione esecutiva.
La sospensione imposta dal Governo non tiene nella dovuta considerazione gli effetti del semplice rinvio su alcune procedure proprie del processo tributario, finalizzate a tutelare il contribuente dalle automatiche conseguenze derivanti dalla notifica di un atto impositivo.
Va da sè che la sospensione delle attività giudiziali imposta dal Governo impedisce, di fatto, l’accesso alla tutela prevista dell’ordinamento tributario, esponendo il contribuente a gravi ripercussioni di carattere finanziario (pignoramento presso terzi) e operativo (fermo amministrativo di mezzi e veicoli aziendali) proprie delle azioni di esecuzione dei debiti tributari, proprio in un momento, come quello che stiamo vivendo, già di per sè drammatico per l’economia del Paese.