di Sara Armella, Lucia Mannarino

È illegittimo l’accertamento doganale fondato esclusivamente sui verbali Olaf, quando non vi è prova che le informazioni ivi contenute siano inequivocabilmente riferite alle operazioni contestate. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la recente ordinanza 29 aprile 2020, n. 8337.

La vicenda trae origine dall’importazione di alcuni elementi di fissaggio, dichiarati con origine indonesiana, ma considerati dall’Agenzia delle dogane come prodotti in Cina, sulla base di un’informativa trasmessa dall’Organismo europeo per la lotta antifrode (Olaf), con conseguente applicazione di un dazio antidumping dell’85%.

Poiché la segnalazione dell’Olaf si limitava a informare la Dogana italiana di una possibile evasione di dazi antidumping, in relazione a prodotti analoghi a quelli in importati, senza che vi fosse un riferimento diretto alla merce esaminata, la Società ha proposto ricorso presso la Commissione tributaria.

Dopo due pronunce di merito favorevoli alla Società, anche la Corte di Cassazione, conformandosi a diversi precedenti, ha ritenuto infondata la rettifica dell’Agenzia, annullando il provvedimento impugnato per violazione dell’onere probatorio (in senso analogo, ordinanze 28 febbraio 2019, nn. 5931, 5932, 5933, 5934 e s s 2019, nn. 7993 e 7794).

Come chiarito dalla Suprema Corte, nel caso in cui l’accertamento scaturisca da un’indagine dell’Olaf, grava sull’Amministrazione l’onere di provare che tale indagine sia direttamente riferibile ai prodotti sottoposti a rettifica. Ciò perché i verbali dell’Olaf, di per sé, non consentono di disconoscere l’origine dichiarata in dogana, dovendosi fornire elementi supplementari (come ad esempio il percorso seguito dai container di trasporto), che diano “certezza della provenienza delle merci”.

Si tratta di un indirizzo già condiviso dalla giurisprudenza di merito, che in presenza di un’informativa dell’Olaf, ha valorizzato l’obbligo dell’Amministrazione di fornire puntuali riscontri circa le operazioni contestate e che, in mancanza di essi, ritiene illegittimo l’accertamento svolto (ex pluribus, Comm. trib. reg. Milano, 13 luglio 2018, n. 3258).

Sara Armella

Lucia Mannarino