Non sussiste una presunzione assoluta di attribuzione a ciascun socio dei redditi delle società di persone. Questo importante principio è stato di recente statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza del 17 settembre 2020, n. 201.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Genova con riferimento all’art. 5, comma 1, del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, avendo ravvisato nella normativa indicata un contrasto con gli articoli 3, 24, 53 e 113 della Costituzione. In particolare, il giudice remittente ha ritenuto che l’articolo 5 del Tuir fosse incompatibile con l’articolo 3 della carta costituzionale in quanto idoneo a determinare una disparità di trattamento tra i soci delle società di persone, che sarebbero soggetti all’Irpef pur non avendo conseguito alcun reddito, e tutti quei soggetti, che pur trovandosi nella medesima posizione, non sarebbero obbligati al pagamento di tale imposta. Oltre a ciò, la Commissione ha valorizzato il fatto che la norma in commento sarebbe lesiva del diritto di difesa dei soci della società di persone (articoli 24 e 113 della Costituzione).
I giudici costituzionali partendo dalla peculiarità della tassazione per trasparenza che si basa sua una scelta del legislatore di tassare i redditi prodotti dalle società di persone in capo ai soci, ritengono che tale normativa non comporti alcuna violazione dell’articolo 3 della Costituzione.
Il presupposto impositivo della tassazione per trasparenza è infatti l’incremento patrimoniale realizzato per l’effetto dell’attività della società.
Non vi è quindi una tassazione in mancanza di un reddito, ma semplicemente viene sottoposto ad imposizione un reddito che potrebbe non essere stato effettivamente percepito dai soci, pur essendosi realizzato.
Anche sotto il profilo della lesione del diritto di difesa la Corte ritiene non fondata la questione di legittimità costituzionale. Tale diritto può, infatti, pienamente esplicarsi nonostante la tassazione per trasparenza prevista per le società di persone, con la possibilità per il socio di contestare nel merito l’accertamento del reddito societario o la propria qualità di socio (presunzione relativa). Anzi, proprio il meccanismo d’imputazione “per trasparenza” e la tassazione del socio «indipendentemente dalla percezione» del reddito hanno portato la giurisprudenza di legittimità ad affermare il litisconsorzio necessario tra società e soci. In questo modo garantendo il pieno contradditorio tra soci, società e Amministrazione finanziaria.