Secondo la Commissione europea, la normativa italiana in materia di accise non è compatibile con le direttive Ue in materia di tassazione dell’energia. A seguito della procedura di infrazione promossa dalla stessa Commissione, la questione è giunta all’attenzione della Corte di Giustizia (causa C-341/20).
La disciplina unionale prevede, infatti, l’esenzione delle accise sui carburanti utilizzati per la navigazione a fini commerciali, ma tale esenzione non si applica alle imbarcazioni da diporto utilizzate per prestazioni di servizio a titolo oneroso. In Italia, invece, l’art. 24 del Testo unico accise riconosce l’esenzione ogni volta che un natante da diporto sia stato noleggiato, senza operare alcuna distinzione rispetto all’uso commerciale o privato nell’attività del noleggiatore.
La mancanza di una verifica, caso per caso, della finalità commerciale del noleggiatore, integrerebbe, secondo la Commissione europea, una violazione della direttiva dell’Unione in materia di accise sui prodotti energetici.
La Corte di Cassazione, anticipando il giudizio della Corte di Giustizia, si è già espressa sul punto, affermando che l’uso commerciale delle imbarcazioni non può essere presunto dal contratto di noleggio. È necessario, infatti, accertare, nel caso concreto, se la navigazione da parte dell’utilizzatore realizza una prestazione di servizi a titolo oneroso (Cass., sez. V, 23 ottobre 2020, n. 23226).
Al riguardo, dovranno pronunciarsi i giudici europei, chiarendo cosa di intenda per natura commerciale della prestazione e specificando perché tale carattere non possa essere accostato alla prestazione di un noleggio “di piacere”.
Se la Corte di Giustizia accoglierà il ricorso della Commissione, l’Italia, oltre a dover adeguare la propria normativa, potrebbe essere condannata a riscuotere le accise sui carburanti non percepite negli ultimi cinque anni.