La Corte di Cassazione apre la strada alle richieste di rimborso dell’addizionale sull’energia elettrica versate nei periodi di imposta 2010 e 2011 (Cass., sez. V, 15 ottobre 2020, n. 22344).
La Suprema Corte ha, infatti, chiarito che l’articolo 6, D.L. 511 del 1988 è in contrasto con la Direttiva europea 2008/118/CE.
Il fornitore e il consumatore finale possono pertanto presentare richiesta di rimborso all’Amministrazione finanziaria per ottenere la restituzione di quanto versato illegittimamente.
In via generale, il rimborso spetta sicuramente al fornitore che sia rimasto inciso dal tributo. Tale soggetto potrà dunque far valere il proprio diritto nei confronti dell’Erario nei prossimi mesi. Al riguardo, occorrerà, monitorare le risposte dei diversi uffici locali dell’Agenzia delle Dogane per verificare se le domande dei contribuenti saranno accolte in tempi brevi o daranno vita ad un lungo contenzioso.
Sul punto vi è preoccupazione da parte delle imprese.
Le associazioni di categoria (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Confindustria e Utilitalia) hanno, infatti chiesto, al Ministro dell’Economia un incontro urgente per consentire una risoluzione costruttiva della vicenda.
Il timore è che l’Erario si rifiuti di restituire quanto illegittimamente incassato a titolo di addizionale (circa 3.8 miliardi di euro) e costringa migliaia di contribuenti ad adire la giustizia tributaria. Il che non porterebbe solo ad un aggravio dei costi di difesa per questi soggetti, ma aggraverebbe anche la condizione di un sistema giudiziario già sofferente a causa dell’emergenza pandemica in corso.
La Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto di richiedere il rimborso anche al consumatore finale, seppur limitando tale facoltà ad alcuni casi particolari.
L’utente finale potrà, infatti, rivolgersi direttamente all’Amministrazione finanziaria per il rimborso di quanto pagato, solamente qualora l’azione nei confronti del fornitore per ottenere la restituzione dell’addizionale indicata in fattura sia oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento di quest’ultimo).