Ponendo fine a una lunga querelle, la Corte di Cassazione ha stabilito che i terminal portuali sono tenuti a versare l’Ici (ora Imu) anche per le aree scoperte.

Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 15 dicembre 2020, numero 28563, che conclude una vicenda al  centro del dibattito dottrinale e giurisprudenziale da molti anni, in cui il Comune di Genova è stato assistito dal nostro Studio.

Con la pronuncia in esame, i giudici di legittimità hanno chiarito che, in materia di Ici, l’imposta è dovuta anche per le zone c.d. “scoperte” che risultino indispensabili al concessionario del bene demaniale per lo svolgimento della propria attività. Il presupposto dell’imposta è rappresentato da ogni area suscettibile di costituire un’autonoma unità immobiliare, potenzialmente produttiva di reddito. La gestione di un terminal portuale non è ricompresa tra le attività esenti, non essendo questo un bene di pubblico interesse.

Da rilevare che la legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) ha stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, le banchine e le aree scoperte dei porti di rilevanza economica nazionale e internazionale, adibite alle operazioni e ai servizi portuali appartengono alla categoria catastale E/1 e sono, dunque, esenti da Imu.