Il rappresentante doganale indiretto risponde della maggiore imposta accertata soltanto nei limiti di eventuali violazioni del dovere di diligenza professionale, che spetta alla Dogana dimostrare. È questo il principio espresso dalla Commissione tributaria regionale di Genova, con la sentenza 23 novembre 2020, n. 721, che è intervenuta sui confini della responsabilità del rappresentante indiretto.

La vicenda trae origine da una contestazione di mancato pagamento dei dazi antidumping. La pretesa impositiva dell’Amministrazione era rivolta sia all’importatore che al Cad che aveva operato in rappresentanza indiretta ed era stato ritenuto solidalmente responsabile.

Nel caso di specie, i giudici hanno precisato che la responsabilità solidale non si realizza se il rappresentante doganale ha operato in maniera diligente e accorta, avendo compiuto tutto quanto si possa ragionevolmente attendere per garantire una regolare introduzione delle merci, secondo l’ordinaria diligenza professionale, ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, del codice civile.

Per riconoscere un’eventuale responsabilità, occorre, infatti, tenere conto delle informazioni di cui l’intermediario disponeva o di cui egli doveva, secondo ragione, avere conoscenza, in considerazione dei suoi obblighi contrattuali. Lo spedizioniere non è, pertanto, automaticamente corresponsabile con l’importatore. Diversamente, si configurerebbe un’ipotesi di responsabilità oggettiva.

La Commissione tributaria regionale di Genova ha ribadito, inoltre, l’illegittimità della prassi adottata dalla Dogana per oltre un decennio, con la quale si imponeva ai Cad di effettuare lo sdoganamento in procedura domiciliata solamente in caso di rappresentanza indiretta. La Corte di Cassazione, infatti, ha più volte precisato che non vi è nessuna incompatibilità, da parte del Cad, tra la possibilità di effettuare lo sdoganamento in procedura domiciliata e l’istituto della rappresentanza diretta in Dogana (Cass., sez. V, ord. 31 ottobre 2019, n. 28066; Cass., sez. V, 14 gennaio 2020, nn. 417 e 418; Cass., sez. V, 28 gennaio 2020, n. 1856).