La determinazione dell’origine preferenziale delle merci per le imprese che esportano verso il Regno Unito rappresenta una delle principali problematiche derivanti dall’Accordo. Sono necessari chiarimenti da parte degli operatori in quanto solo i prodotti che soddisfano perfettamente le nuove regole di origine preferenziale hanno diritto all’esenzione totale dei dazi alla frontiera Uk.
L’azzeramento dei dazi per tutti gli scambi in import ed export tra Unione europea e Regno Unito per i prodotti che soddisfanno le regole di origine preferenziale sancite nel Trade and Cooperation Agreement rappresenta un’agevolazione che nessun altro Accordo di libero scambio aveva mai previsto. Tuttavia, l’applicazione delle regole di origine preferenziale si sta rivelando molto complessa per le imprese che esportano verso il Regno Unito.
In primo luogo, l’entrata in vigore dell’Accordo, ancor prima della sua ratifica, e a poche ore di distanza dalla pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale, non ha permesso alle imprese di porre in essere le necessarie attività di compliance e di pianificare adeguatamente i flussi commerciali. A ciò si aggiungono i numerosi adempimenti in capo alle imprese che derivano dall’essere parte di un’ara di libero scambio: fornire al rappresentate in dogana i dati necessari per la redazione della dichiarazione doganale in importazione e in esportazione (classifica, valore, origine) e la necessità di ottenere le autorizzazioni e le certificazioni richieste per quel determinato tipo di prodotto. Per gli operatori, inoltre, la determinazione dell’origine preferenziale delle merci si sta rilevando molto complessa anche alla luce delle circa cento diverse regole principali contenute nell’Accordo.
Sono considerati di origine preferenziale Ue e beneficiano del dazio zero all’importazione nel Regno Unito le seguenti categorie di beni: 1) i prodotti interamente ottenuti nel territorio dell’Unione europea; 2) i prodotti ottenuti mediante lavorazioni, a condizione che tutti i materiali utilizzati nella fabbricazione abbiano origine Ue e, infine, 3) i prodotti realizzati mediante la trasformazione di materie prime o di componenti realizzati in Paesi terzi.
In tale ultima ipotesi, l’origine preferenziale è riconosciuta ai beni che hanno ricevuto in Ue una lavorazione sufficiente ai sensi delle prescrizioni contenute nell’allegato ORIG-2, che variano da prodotto a prodotto. È necessaria, dunque, un’analisi puntuale e attenta dell’allegato ORIG-2 partendo dal corretto inquadramento della classificazione doganale del bene esportato.
Si pensi, per esempio, di dover esportare il prodotto “vino”. L’operatore, dopo aver individuato la sua classificazione doganale (NC 2204), deve verificare quale sia la corrispondente regola di origine applicabile. L’Accordo, in tal caso, attribuisce l’origine preferenziale al vino prodotto nel territorio di uno Stato membro, se la trasformazione del materiale non originario è idonea a determinare un cambiamento di classifica del bene finale. Le uve fresche utilizzate (sottovoce 0806 10) e le variabili di succo d’uva o i mosti, devono essere interamente ottenuti nel territorio dell’Unione Europea e qualora vengano utilizzati degli zuccheri non originari nel processo di produzione, i medesimi non possono eccedere il 20% del peso del prodotto finale.
Per le borse di pelle fatte a mano (NC 4202 2100 10) utilizzando componenti non originari UE, l’impresa deve accertarsi che la lavorazione abbia comportato un cambiamento alla voce doganale del prodotto finito. In caso contrario, il bene finale potrà comunque beneficiare dell’agevolazione daziaria, a condizione che il valore dei materiali non originari impiegati non superi il 50% del suo prezzo franco fabbrica.
Per un’impresa che esporta trattori (NC 87 01), l’attribuzione dell’origine preferenziale è riconosciuta se il valore dei materiali non originari utilizzati nella fabbricazione del prodotto non superi il 45% del prezzo franco fabbrica del bene finale.
L’Accordo prevede, inoltre, che talune merci di origine extra Ue, soggette solo a manipolazioni marginali, come l’apposizione di marchi ed etichette o attività di imballaggio e conservazione, siano sempre considerate insufficienti per la determinazione dell’origine preferenziale (art. ORIG.7).