Nella crescente fase di competitività internazionale, per gli importatori aumentano le probabilità di essere interessati dai dazi antidumping. Com’è noto, le misure antidumping assolvono una funzione non propriamente fiscale, bensì protezionistica, mediante un riequilibrio del prezzo del prodotto, in quanto mirano ad equiparare il prezzo del bene estero, con un dazio specifico, di importo equivalente al margine di dumping praticato.

Tali misure rappresentano lo strumento più utilizzato per contrastare pratiche commerciali in grado di alterare sensibilmente i mercati interni, tanto che, secondo la trentanovesima relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 30 agosto 2021, alla fine del 2020 l’Unione europea disponeva di 150 misure di difesa commerciale in vigore, di cui 99 misure antidumping definitive.

Poiché la loro istituzione comporta il superamento unilaterale delle tariffe doganali concordate a livello internazionale, i presupposti e l’ambito di applicazione di tali strumenti sono oggetto di una compiuta disciplina da parte del Wto e dell’Unione europea (Reg. Ue 2016/1036). A seguito di un’approfondita inchiesta da parte della Commissione europea, se dalla constatazione definitiva dei fatti risulta l’esistenza del dumping e di un conseguente pregiudizio per l’industria unionale, il Consiglio può adottare un dazio antidumping definitivo.

Secondo il principio generale di irretroattività delle norme, i dazi antidumping si applicano soltanto ai prodotti immessi in libera pratica dopo l’entrata in vigore della decisione con la quale sono stati istituiti. Tale principio è stato confermato anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza 15 ottobre 2019, n. 25971, la quale ha chiarito che l’applicazione retroattiva dei dazi antidumping, disposta dal Reg. Ue 260/2013, non si estende alle merci ordinate prima dell’apertura della relativa inchiesta da parte della Commissione Ue.

Il caso esaminato dai giudici di legittimità trae origine dall’importazione di accendini tascabili a pietra focaia e a gas provenienti dal Vietnam. Ad avviso della Dogana, tali prodotti sarebbero stati soggetti al dazio antidumping previsto dal Reg. Ue 260/2013. Tale regolamento, tuttavia, era stato dichiarato invalido dalla Corte di Giustizia, pertanto i giudici di legittimità hanno dichiarato illegittima la pretesa dell’Agenzia.