La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 22 novembre 2021, n. 35903, interviene in materia di prescrizione del diritto di credito per accise, stabilendo principi di fondamentale importanza, a seguito di una puntuale analisi in merito ai comportamenti omissivi e alla loro idoneità a provocare il differimento del termine di prescrizione.

Il mancato versamento del dovuto non configura sempre un “comportamento omissivo” e il differimento del termine di prescrizione del diritto di credito per accise si applica laddove la condotta omissiva sia imputabile, anche a titolo di concorso, al soggetto passivo di imposta. Tali principi sono volti a far chiarezza in merito la nozione di comportamento omissivo, il quale rileva quando tale condotta ostacola o impedisce la scoperta del fatto illecito. L’omesso versamento rappresenta l’illecito da sanzionare e non può essere ricondotto tra le condotte idonee a differire i termini di prescrizione del diritto di credito, essendo tali solamente quelle suscettibili di occultare l’illecito.

Anche la Corte Costituzionale con la sentenza 26 ottobre 2021, n. 200/2021, si esprime sulla questione. In particolare, la Corte ha avuto modo di chiarire che la ratio legis dell’art. 24 Cost impedisce al contribuente di rimanere esposto all’azione accertativa del fisco per un tempo indeterminato. Sebbene tale principio sia stato originariamente formulato con espresso riferimento alla decadenza e all’azione esecutiva, la sua portata più ampia trova conferma sia in dottrina sia nella giurisprudenza costituzionale. Si evince, a tal riguardo, come il diritto di difesa impedisca un’indeterminata o irragionevole soggezione del contribuente all’azione esecutiva dell’Amministrazione finanziaria. Ai fini del soddisfacimento dell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, si ritiene, pertanto, essenziale l’indicazione di un preciso limite temporale per l’esercizio del potere sanzionatorio esercitato dal fisco. E invero, secondo l’indirizzo della Corte Costituzionale, l’assenza di un dies a quo certo di inizio del computo di decorrenza della prescrizione del credito tributario ricollegato alla “scoperta dell’illecito” espone a tempo indeterminato il contribuente alle pretese da parte dell’Amministrazione, in violazione dell’art. 24 Cost e del diritto di difesa.

In aggiunta a quanto stabilito dalla Corte Suprema, il rapporto tributario in materia di accise coinvolge il fornitore del bene sottoposto all’imposta e lo Stato, di conseguenza è sempre il fornitore che si considera titolare, dal lato passivo, dell’obbligazione tributaria. Il rapporto tra fornitore e consumatore, invece, ha natura contrattuale e si pone su un piano diverso rispetto a quello tributario in quanto sussiste un rapporto caratterizzato da un vincolo di natura privatistica.

Con il DL 193/2016 è stata abrogata la disciplina del differimento del termine a fronte di fatti omissivi, pertanto, con la nuova formulazione dell’art. 15 del TUA, le fattispecie omissive sono state omologate a quelle attive ed il contribuente non è più esposto alle pretese del Fisco a tempo indeterminato, dovendo l’avviso di pagamento essere notificato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli nel termine di cinque anni, decorrenti dalla data dell’omesso versamento delle somme dovute.