È illegittima la rettifica dell’Agenzia delle dogane fondata direttamente sul valore medio di merci similari. Con tale importante principio di diritto, la Corte di Cassazione, nella sentenza 16 maggio 2022, n. 15540, ha ribadito che in caso di fondati dubbi sulla correttezza del valore dichiarato, l’Agenzia delle dogane deve applicare i criteri immediatamente sussidiari stabiliti dal Codice doganale, secondo la rigida sequenza prevista dalla normativa unionale, dovendo eventualmente dar conto delle ragioni per cui non sia stato possibile applicare i criteri precedenti.

Nel caso oggetto di analisi della Corte di Cassazione, l’Agenzia delle dogane, aveva rettificato il valore dichiarato in Dogana, applicando un metodo di rideterminazione non immediatamente successivo rispetto al criterio primario, rappresentato dal prezzo di transazione. In particolare, l’Ufficio aveva fatto ricorso al valore medio di merci similari, senza prima dimostrare per quale ragione non le fosse stato possibile rispettare la precisa sequenza dei metodi individuati dal Codice doganale (Reg. CE 2913/1992, Cdc, ora sostituito dal Reg. UE 952/2013, Cdu). Secondo tale rigoroso ordine, infatti, l’Ufficio avrebbe dovuto impiegare il primo criterio alternativo, fondato sul valore di transazione di merci identiche e non il secondo, relativo a prodotti similari.

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha chiarito che la normativa prevista dal Cdu impone all’Agenzia delle dogane un preciso onere procedimentale al fine di superare il valore indicato dall’operatore nei documenti allegati alla dichiarazione doganale.

La rettifica del valore deve, pertanto, rispettare sia i criteri di determinazione previsti dal Codice doganale che il loro preciso ordine di applicazione. Secondo il principio di diritto affermato dalla sentenza in commento, infatti, la Dogana è obbligata a dimostrare, con onere probatorio a proprio carico, di avere applicato, nella rideterminazione del valore in dogana, i metodi immediatamente sussidiari di cui agli artt. 30 e 31 del Codice doganale, secondo la rigida sequenza ivi prevista in successione ovvero è tenuta a dare conto delle ragioni per cui il rispetto del detto ordine previsto dal Codice doganale comunitario non sia stato possibile.

La Suprema Corte, in osservanza ai numerosi precedenti esistenti sul tema (ex multis, Cass., sez. trib., 17 gennaio 2019 n. 1115, Cass., sez. trib., 27 settembre 2018, n. 23244, 23245, 23246), ha  quindi riconosciuto che devono essere annullate tutte le rettifiche del valore doganale dichiarato all’importazione, che non siano fondate sulla base della corretta applicazione criteri individuati dal Cdu, dovendo, in particolare, essere verificato il rispetto del preciso ordine elencato nell’art. 74 del medesimo codice.