È illegittima la rettifica dell’origine dei prodotti tessili importati dal Bangladesh, in quanto tali importazioni non possono più considerarsi “sospette”. A stabilirlo è la Corte di giustizia tributaria di primo grado di La Spezia, con la sentenza 24 novembre 2022, n. 366, la quale, richiamando un avviso agli importatori della Commissione europea, ha chiarito come non vi sia più nessun “fondato dubbio” sulla veridicità delle attestazioni di origine rilasciate dalle autorità del Bangladesh (avviso agli importatori 2022/C 166/06, del 20 aprile 2022).
Nel caso esaminato dal giudice spezzino, l’Agenzia delle dogane aveva contestato l’origine dei prodotti tessili importati, escludendo l’applicazione dell’agevolazione daziaria prevista per i paesi Spg e pretendendo il pagamento di un dazio pari al 12% del valore della merce. La contestazione dell’Ufficio si fondava unicamente su un “avviso agli importatori” del 2008 (2008/C 41/06), con il quale la Commissione UE aveva informato gli operatori europei dell’esistenza di “fondati sospetti” in merito all’origine dei prodotti classificati nei capitoli 61 e 62 del Sistema Armonizzato, ossia indumenti e accessori di abbigliamento a maglia e altri indumenti e accessori di abbigliamento diversi da quelli a maglia. La Commissione europea aveva ipotizzato che tali prodotti fossero soltanto provenienti dal Bangladesh ma che, dal punto di vista dell’origine doganale, non integrassero le condizioni sostanziali per essere considerati originari del Bangladesh. Sarebbe, infatti, emerso che una percentuale di certificati di origine “Form A” risultavano “falsi o rilasciati sulla base di informazioni fraudolente o fuorvianti”.
A seguito della pubblicazione di tale avviso, l’Agenzia delle dogane ha dato vita a numerosi accertamenti sull’origine dei prodotti importati dal Bangladesh, contestando il contenuto dei certificati di origine rilasciati dalle autorità estere competenti.
Come riconosciuto dalla Corte di Giustizia tributaria di primo grado di La Spezia, con il nuovo “avviso agli importatori” del 20 aprile 2022, l’Unione europea ha superato il precedente avviso del 2008, riconoscendo che “i ragionevoli dubbi” su cui si fondava la precedente comunicazione agli operatori “non sono più suffragati da alcun elemento di prova che dimostri il persistere dei rischi sottostanti”.
Tale recente chiarimento assume fondamentale rilievo anche per le contestazioni già in essere, poiché dimostra che non vi è più nessun “fondato dubbio” sulla veridicità delle attestazioni di origine rilasciate dalle autorità competenti del Bangladesh.