L’operatore che subisce un danno a causa di un errore dell’Amministrazione finanziaria può ottenere il risarcimento. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza 28 febbraio 2023, n. 5984.

Nella vicenda esaminata dalla Suprema Corte, a seguito di un errore “grossolano” da parte dei verificatori, il Pubblico Ministero aveva avviato due azioni penali nei confronti di un imprenditore, indagato per evasione dell’Iva. Nonostante i due procedimenti penali si siano conclusi con un provvedimento di archiviazione e una sentenza di non luogo a procedere, tali vicende avevano avuto un forte impatto sulla salute e sulla vita lavorativa e di relazione dell’imprenditore, che ha pertanto proposto un’azione di risarcimento del danno nei confronti dell’Agenzia delle entrate e dei funzionari che avevano effettuato l’accertamento fiscale.

Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’attività della Pubblica amministrazione deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio generale di “non ledere la sfera giuridica altrui”. È compito del giudice accertare se vi sia stato, da parte della stessa Pubblica amministrazione, un comportamento doloso o colposo che abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo.

Al riguardo, occorre precisare che, ai fini della responsabilità dell’Amministrazione finanziaria, l’esito del procedimento penale non è, di per sé, sufficiente a giustificare il risarcimento. L’eventuale archiviazione o assoluzione in sede penale rientra, infatti, nella normale fisiologia delle vicende processuali. L’Agenzia delle entrate, inoltre, non può essere chiamata a rispondere del danno eventualmente causato all’operatore sottoposto a un’attività di accertamento, sulla base del solo dato oggettivo dell’illegittimità dell’azione amministrativa. In altri termini, se gli atti emessi dalle Entrate sono dichiarati illegittimi, non sorge automaticamente un diritto al risarcimento in capo all’operatore.

È onere del soggetto danneggiato, pertanto, provare l’esistenza di un danno ingiusto, causalmente collegato alla condotta dell’Amministrazione finanziaria, nonché la condotta dolosa o colposa dei funzionari. In particolare, è necessario dimostrare che l’Ufficio, nell’esercizio delle proprie funzioni, ha violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione (articolo 97 Costituzione).

Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha condannato l’Ufficio al risarcimento del danno, riconoscendo che se l’accertamento fiscale fosse stato effettuato correttamente, il PM non sarebbe stato indotto a esercitare l’azione penale.