La definizione agevolata delle liti tributarie, inizialmente prevista soltanto per le liti pendenti con l’Agenzia delle entrate, è stata estesa alle controversie contro l’Agenzia delle dogane. È questa una delle novità più rilevanti introdotte dalla legge di bilancio 2023.
È importante evidenziare che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli gestisce tematiche legate non solo agli scambi internazionali, ma anche al mondo delle accise, che apportano un significativo contributo alle entrate erariali nazionali.
La definizione agevolata, tuttavia, non interessa alcuni importanti segmenti, come i contenziosi riguardanti le risorse proprie dell’Unione europea (ossia i dazi doganali), l’Iva all’importazione e il recupero degli aiuti di Stato. I dazi sono imposte che vengono riscosse da ogni Stato membro ma sono in seguito destinati ad alimentare il bilancio dell’Unione, di conseguenza sono appunto considerati risorse proprie dell’Ue.
Un altro tema molto importante riguarda l’Iva all’importazione, la quale, incomprensibilmente, resta fuori dalla definizione benché quest’ultima rappresenti, invece, un’imposta di natura interna.
In particolare, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, già a partire dalle sentenze degli anni ottanta (Gaston Schul, 5 maggio 1982, Drexl, 25 febbraio 1988) ha chiaramente espresso il principio secondo cui l’Iva dovuta all’importazione, pur essendo liquidata e riscossa con modalità operative analoghe ai diritti doganali, non rappresenta un “dazio” in senso proprio, bensì è parte dei tributi interni sui consumi. Sul punto, anche l’orientamento della Corte di Cassazione è ormai molto chiaro nell’escludere l’Iva dal perimetro delle risorse proprie dell’Unione europea.
Di conseguenza è difficile comprendere l’esclusione dell’Iva all’importazione dalla definizione agevolata.
Il comma 186 della legge di bilancio 2023 precisa che la definizione agevolata comporta che le liti possano essere chiuse con il pagamento di un importo pari al valore della controversia, con esclusione di interessi e sanzioni. In particolare, se l’Agenzia delle entrate è stata soccombente in primo grado, la definizione si perfeziona versando il 40% delle imposte, con stralcio integrale di sanzioni e interessi; se è soccombente in secondo grado, il contribuente dovrà versare il 15% delle imposte, con stralcio integrale di sanzioni e interessi. La definizione, invece, avviene versando il 5% delle imposte se il processo pende in Cassazione al 1° gennaio 2023 e l’Agenzia fiscale è soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio; se il processo è iscritto nel primo grado di giudizio o pende in sede di rinvio, si può definire versando il 90% delle imposte, mentre se c’è stata soccombenza del contribuente nell’ultima sentenza emessa, dovranno essere pagate tutte le imposte, con stralcio di soli sanzioni e interessi.
Come riportato nella circolare dell’Agenzia delle entrate 27 gennaio 2023, n. 2/E, nella legge di bilancio 2023 non vi sono precisazioni sulla tipologia degli atti definibili e, quindi, possono essere oggetto di definizione non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi.
Per chiudere la lite è necessario presentare domanda entro il 30 giugno 2023 ed entro la medesima data versare le somme dovute o la prima rata.
Il contribuente può richiedere la sospensione del giudizio fino al 10 luglio 2023 dichiarando di voler ricorrere alla definizione agevolata.
Il giudizio si estingue se entro tale data il contribuente deposita in giudizio la copia della domanda di definizione e dell’attestato di pagamento di tutte le somme o della prima rata, in caso di opzione per il pagamento rateale.