Sono illegittimi gli accertamenti avviati dall’Agenzia delle dogane sull’origine doganale dei tubi importati dalla Thailandia. A stabilirlo è la Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Venezia, con la sentenza 4 dicembre 2023, n. 530, la quale ha chiarito che, in presenza di validi certificati di origine, la Dogana non può rettificare l’origine dichiarata richiamandosi a un’indagine UE riferita a una pluralità di operatori e in cui siano assenti i riferimenti al caso specifico.
Si tratta di un precedente importante, destinato a riflettersi sui frequenti casi di applicazione dei dazi antidumping sulle importazioni di tubi di acciaio, che hanno coinvolto molte imprese italiane e di altri Paesi europei. Nel caso esaminato, secondo la Dogana, i prodotti importati, dichiarati di origine thailandese, secondo un’indagine condotta dall’Organo antifrode europeo (Olaf) avrebbero avuto invece origine cinese, con conseguente applicazione di un dazio antidumping pari al 54,9% del valore della merce.
Come rilevato dai giudici veneti, il report Olaf si riferiva a moltissime operazioni e presentava elementi di incertezza, non sufficienti a superare le prove dell’origine fornite invece dall’importatore. I prodotti importati, infatti, erano scortati da validi e regolari certificati di origine, rilasciati dalla Camera di Commercio thailandese, i quali rappresentano, anche dal punto di vista giuridico, validi elementi di prova.
Tale documento è rilasciato dalle autorità competenti del Paese terzo da cui provengono i prodotti, in genere dalla Camera di Commercio. I certificati di origine sono redatti sulla base del formulario approvato dal legislatore europeo con tutte le indicazioni per l’identificazione della merce cui si riferiscono e sono rilasciati dalle autorità pubbliche competenti, all’esito di una specifica valutazione e prima che i prodotti siano dichiarati per l’esportazione verso il Paese terzo.
Come ricordato dalla Corte di primo grado di Venezia, se l’Agenzia delle Dogane ha “fondati dubbi” sull’esattezza delle informazioni contenute nel certificato di origine, deve attivare una richiesta di cooperazione amministrativa, chiedendo alle autorità competenti di verificare se l’origine dichiarata sia stata stabilita correttamente.
La certificazione di origine dimostra, pertanto, che i prodotti importati hanno subito una lavorazione idonea ad attribuire l’origine non preferenziale.