Pubblicato su “Italia Oggi” 21/05/2024
di Sara Armella e Tatiana Salvi

In caso di contrabbando, il sequestro e la confisca della merce non estinguono l’obbligazione in relazione all’Iva, che sarà comunque dovuta a seguito dell’introduzione irregolare nel territorio doganale dell’Unione europea. A chiarirlo è l’Agenzia delle dogane con la circolare 17/05/2024, n. 13/D, che si allinea ai principi espressi dalla Corte di Giustizia europea, stabilendo che, in caso di sequestro o confisca, l’estinzione dell’obbligazione opera soltanto in relazione a dazi e accise.
Secondo la normativa doganale, l’obbligazione si estingue se la merce introdotta in modo irregolare nel territorio UE è oggetto di sequestro e di successiva confisca (articolo 124, Codice doganale dell’unione europea, Reg. UE 952/2013). A seguito della confisca, pertanto, i dazi all’importazione non sono dovuti.
Un principio, quello espresso dal Cdu, che da tempo aveva fatto sorgere alcuni dubbi in merito alla possibilità di estendere tale previsione anche agli altri tributi riferiti alla merce, come Iva e accise.
Con la circolare in commento, l’Agenzia delle dogane fornisce una risposta a tale quesito, precisando che l’estinzione dell’obbligazione opera anche in relazione alle accise, ma non invece per l’Iva.
La soluzione fornita dalle Dogane si richiama ai principi espressi dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza 7 aprile 2022, C-489/20. Secondo i giudici europei, occorre distinguere tra l’estinzione dell’obbligazione doganale, disciplinata dal Cdu, e l’estinzione dell’obbligazione connessa all’Iva e alle accise. In particolare, è necessario verificare se tali imposte identificano il momento impositivo con la semplice introduzione irregolare della merce in Dogana o con la successiva immissione in consumo, ai fini Iva.
Esiste, infatti, una netta distinzione tra immissione in libera pratica, intesa come il semplice sdoganamento della merce, e l’effettiva immissione al consumo, che coincide con l’inserimento del bene nel circuito economico nazionale (Corte di Giustizia UE, 10 luglio 2019, C-26/18). Una definizione che è stata recepita anche dalla Corte di Cassazione, secondo la quale esiste una vera e propria “cesura temporale” e concettuale tra lo sdoganamento e l’immissione in consumo (Cass., 24 settembre 2019, n. 23674). Anche la Corte Costituzionale ha stabilito che l’immissione in consumo esprime l’idoneità, intesa come attitudine economica, dei fabbricanti o degli importatori, a presentarsi sul mercato per vendere i prodotti a terzi (sentenze 25 marzo 2010, n. 115 e 7 giugno 2011, n. 185).
Sulla base di tale distinzione, l’estinzione dell’obbligazione doganale conseguente al sequestro e alla successiva confisca della merce introdotta irregolarmente nel territorio UE non dovrebbe comportare anche l’estinzione dell’obbligazione tributaria Iva e accise nel caso in cui l’introduzione irregolare sia già avvenuta al momento del sequestro.
La circolare osserva che tale principio è sicuramente applicabile in ambito Iva (art. 70, direttiva CE 2006/112). Tale distinzione, invece, è venuta meno in ambito accise, a seguito dell’entrata in vigore della nuova direttiva UE 2020/262.
La normativa accise specifica, infatti, che per “immissione in consumo” si intende l’importazione di merci soggette ad accisa (salvo il caso in cui la merce sia vincolata a un regime di sospensione) o il loro ingresso irregolare. L’immissione in consumo si realizza a meno che l’obbligazione doganale sia estinta a seguito di sequestro e confisca (art. 2, d.lgs 504/1995). In materia di accise, pertanto, il sequestro e la conseguente confisca della merce, anche se successivi all’introduzione irregolare, estinguono l’obbligazione tributaria.