Pubblicato su “Italia Oggi” il 19/06/2024
di Sara Armella
I nuovi dazi che dal prossimo 4 luglio interesseranno le importazioni di auto elettriche cinesi si inseriscono in un quadro normativo di riferimento molto specifico, rappresentato dalle misure compensative. La base giuridica è rappresentata dal Reg. UE 1037/2016, il quale prevede il diritto di adottare strumenti di difesa commerciale, come i dazi compensativi, il cui scopo è di neutralizzare gli effetti di un’ingiusta sovvenzione da parte di un Paese estero nei confronti di determinate imprese. A sua volta, la normativa europea sul punto riproduce il contenuto dell’Accordo Wto sui sussidi e le misure compensative: si tratta di un accordo internazionale, recepito da tutti i Paesi aderenti al Wto, tra cui ovviamente anche la Cina.
L’inchiesta che ha dato l’avvio all’introduzione dei dazi, per la prima volta, non nasce dalla denuncia di un’associazione di imprese europea, ma da un’indagine avviata d’ufficio dalla Commissione. L’indagine si è svolta in un arco di nove mesi e ha coinvolto le imprese cinesi interessate. La misura dei dazi previsti, inizialmente in via provvisoria, varia in relazione al livello di sussidi ricevuti dalle singole imprese cinesi, con misure variabili dal 17,4% al 38,1%, quest’ultimo livello è previsto, in generale, nei confronti di tutte le case produttrici che non hanno collaborato all’inchiesta europea. I nuovi dazi si sommeranno alla tariffa ordinaria del 10% applicabile alle importazioni di veicoli elettrici.
La Cina ha già annunciato l’intenzione di opporsi alle nuove barriere, ricorrendo al Wto, che tuttavia è bloccato: attualmente, infatti, le controversie non possono essere definite dall’organismo arbitrale dell’Organizzazione del commercio, che da anni è in attesa della nomina di alcuni componenti.
È molto più probabile che la Cina adotterà delle misure di ritorsione nei confronti dei prodotti europei, introducendo a sua volta dei nuovi dazi. La Cina potrebbe orientarsi a colpire settori diversi dall’automotive e concentrarsi, per esempio, sul settore agroalimentare o sulla moda, con il rischio che l’avvio di una guerra dei dazi possa produrre impatti negativi per il nostro export.