Non è dimostrata l’origine cinese del prodotto, in presenza di un’indagine internazionale che riguarda molti operatori, ma priva di riscontri riferibili alle specifiche importazioni contestate. La sentenza della Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Ravenna, 21/05/2024, n. 186 ha chiarito che l’Agenzia delle dogane non può rettificare l’origine doganale dichiarata dall’importatore sulla base di una vasta indagine internazionale svolta dall’Olaf, in assenza di elementi di prova circostanziati e puntuali inerenti il caso concreto.

La sentenza in commento si inserisce in un più ampio filone giurisprudenziale, che ha coinvolto diverse imprese che operano nel settore siderurgico. Sulla base delle conclusioni di un’indagine Olaf, secondo la Dogana, i tubi di acciaio senza saldatura importati, di origine thailandese, avrebbero dovuto essere dichiarati di origine cinese.

Come ricordato dai giudici, tuttavia, il richiamo a un’indagine Olaf non è sufficiente a soddisfare l’onere della prova, a carico dell’Ufficio (articolo 7, comma 5-bis, d.lgs. 546/1992). Com’è noto, infatti, per quanto autorevoli, tali indagini sono molto spesso prive di elementi di prova concreti e non si riferiscono alle specifiche operazioni contestate dall’Agenzia delle dogane. È necessario pertanto verificare, caso per caso, se le conclusioni dell’Olaf siano sufficienti a giustificare una rettifica dell’origine dei prodotti importati.

Nel caso esaminato, il report Olaf non è stato ritenuto idoneo a provare in modo “circostanziato e puntuale” la pretesa dell’Ufficio, soprattutto a fronte dei numerosi elementi di prova dell’origine thailandese della merce, forniti invece dall’importatore. I prodotti importati, infatti, erano scortati da validi e regolari certificati di origine, rilasciati dalla Camera di Commercio thailandese. È compito della Dogana dimostrare l’invalidità del certificato di origine non preferenziale, avviando una richiesta di cooperazione amministrativa che coinvolga le autorità estere competenti. Indagine che, nel caso di specie, non è stata effettuata.

I giudici hanno rilevato, infine, che il fornitore thailandese è una realtà produttiva di rilevante entità, in possesso di numerose certificazioni rilasciate da enti internazionali. Tali certificazioni dimostrano che il fornitore thailandese ha realizzato una lavorazione idonea a trasformare irrimediabilmente le caratteristiche meccaniche, metallurgiche e fisiche dei tubi importati, che hanno pertanto acquisito origine doganale thailandese.