Pubblicato su “Italia Oggi” il 15/07/2024
di Sara Armella e Tatiana Salvi

Sanzioni amministrative più leggere, vaglio preventivo obbligatorio dell’autorità giudiziaria e un nuovo impianto sanzionatorio in caso di contrabbando: la riforma doganale, ormai in via di approvazione, trasforma radicalmente il quadro normativo attuale, nel rispetto del principio di proporzionalità. Indispensabile per le aziende un’attenta analisi dei rischi per conformarsi al riformato sistema sanzionatorio.

Gli obiettivi della riforma in materia di sanzioni. Uno degli aspetti cruciali della riforma doganale è l’allineamento delle sanzioni al principio di proporzionalità. Lo schema di decreto, approvato dal Consiglio dei ministri il 26 marzo 2024 e ormai in fase di approvazione, realizza questo importante obiettivo, allineando le sanzioni doganali alle pene edittali previste in altri ambiti del diritto tributario.

Tra gli obiettivi della legge delega (art. 20, comma 3, legge 111/2023) vi è, infatti, il coordinamento e la revisione della disciplina sanzionatoria contenuta nel Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (d.p.r. 43/1973, Tuld), alla luce dei principi di effettività, proporzionalità e dissuasività stabiliti dall’art. 42 del Codice doganale dell’Unione (Reg. UE 952/2013).

Un obiettivo più volte condiviso anche dalla giurisprudenza, che da tempo auspicava un’integrale riscrittura del sistema sanzionatorio nazionale. Sia i giudici unionali che la Corte di Cassazione, infatti, hanno più volte ribadito che le sanzioni doganali devono essere parametrate alla gravità della violazione commessa e al coefficiente psicologico dell’autore, ossia al dolo o alla colpa (Corte di Cassazione, sentenze 12 novembre 2020, n. 25509 e 11 maggio 2022, n. 14908, Corte di Giustizia, sentenza 8 marzo 2022, C-205/20). Dando attuazione a tali principi, la riforma introduce sanzioni notevolmente inferiori rispetto a quelle individuate dal vecchio Tuld.

Ridotte le sanzioni amministrative. La riforma riduce sensibilmente le sanzioni amministrative, ora comprese tra l’80 e il 150% dei diritti di confine, allineando l’Italia agli altri Paesi europei (art. 96, comma 14 delle Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione). Un cambiamento significativo, che avrà un impatto positivo sulle imprese che operano con l’estero, finora soggette alle sanzioni previste dall’art. 303 Tuld, che arrivano invece fino a 10 volte l’importo dei diritti contestati. Nello specifico, il Tuld prevede un sistema sanzionatorio “a scaglioni”, suddivisi in relazione al valore dei maggiori diritti accertati. L’Agenzia delle dogane può applicare sanzioni che superano anche il 500 o il 600% dell’entità dei tributi accertati, in violazione del principio di proporzionalità.

Da segnalare che la sanzione amministrativa pari all’80-150% può essere ulteriormente ridotta in presenza di alcune attenuanti: per esempio, se i maggiori diritti di confine accertati sono inferiori al 3% di quelli dichiarati, la sanzione è ridotta di un terzo; se, invece, i diritti dichiarati sono pari o superiori a quelli accertati, la sanzione sarà pari a zero. Nel caso in cui non siano indicati in maniera esatta tutti gli elementi per il compimento dei controlli e l’ammontare dei diritti di confine sia superiore o uguale a quelli dovuti, si applica la sanzione da 150 a 1.000 euro. In questo caso, la sanzione potrà essere applicata una sola volta e non in relazione a ogni partita di merci contestata. Tale norma codifica il principio, già espresso dalla giurisprudenza, secondo cui per l’applicazione della sanzione i diritti devono essere valutati complessivamente, e non “singolo per singolo”.

Aumenta, però, la sanzione minima, che passa da 103 euro a 500.

Si riduce la forbice tra accertamento e riscossione. Secondo la relazione tecnica allegata allo schema di decreto, la previsione di sanzioni meno elevate assicurerà una riscossione più efficiente. Nel 2023 l’Agenzia delle dogane ha irrogato 3.165 sanzioni, per un importo complessivo di 25 milioni di euro, a fronte di circa 16 milioni di diritti di confine evasi. Le sanzioni irrogate non sono però state integralmente riscosse: secondo le stime, soltanto il 47% delle sanzioni pretese è stato versato nelle casse dell’Erario. Un risultato certamente negativo per le Dogane, dovuto all’eccessiva sproporzionalità delle sanzioni previste dall’art. 303 Tuld.

La previsione di sanzioni maggiormente proporzionate, inoltre, potrà incentivare gli operatori ad aderire all’accertamento, in considerazione della maggiore sostenibilità della sanzione, che potrà essere ulteriormente ridotta ricorrendo agli istituti deflattivi.

Vaglio preventivo obbligatorio dell’autorità giudiziaria. Una delle novità più significative della riforma è rappresentata dal vaglio preventivo dell’autorità giudiziaria, previsto come obbligatorio.

La riforma interviene sul versante procedurale, dando piena attuazione al principio del “ne bis in idem”. La nuova disciplina, infatti, consentirà di superare la prassi dell’Agenzia delle dogane di applicare, in relazione a una medesima fattispecie, sia una sanzione penale che amministrativa.

Nella prassi, oggi è l’Agenzia delle dogane che opera una preliminare verifica sulla natura della violazione, trasmettendo gli atti alla Procura della Repubblica o alla Procura europea (EPPO) ove ritenga sussistente il reato di contrabbando, reato che richiede l’elemento soggettivo del dolo. Con l’entrata in vigore della riforma, questa valutazione non sarà più operata dalla Dogana, ma dovrà essere l’autorità giudiziaria a stabilire se la fattispecie ha rilevanza penale. La riforma limita, pertanto la discrezionalità dell’Agenzia delle dogane, che dovrà rimettere all’Autorità giudiziaria la valutazione delle ipotesi di reato.

Vi sarà infatti l’obbligo, per le Dogane, di trasmettere un’apposita comunicazione all’autorità giudiziaria in tutti i casi in cui l’ammontare dei diritti di confine accertati sia superiore a 10.000 euro o quando ricorrono i presupposti del contrabbando aggravato (nelle ipotesi previste dall’art. 88, comma 2). All’esito del vaglio preliminare, se l’Autorità giudiziaria ritiene sussistenti gli elementi del dolo trattiene a sé il relativo fascicolo; in caso contrario, ritrasmetterà gli atti alla Dogana, per l’irrogazione della sanzione amministrativa.

Il nuovo impianto sanzionatorio in caso di contrabbando. La riforma riordina anche le ipotesi di contrabbando, superando l’attuale frammentazione in diverse e poco coordinate disposizioni, che sanzionano la violazione in base al luogo in cui si verifica o alle modalità di realizzazione. In particolare, tutte le molteplici fattispecie previste dagli artt. 282-300 Tuld, sono superate dalla distinzione tra due macro-categorie: contrabbando per omessa dichiarazione (art. 78) e contrabbando per dichiarazione infedele (art. 79). Il primo comprende tutte le fattispecie di omessa dichiarazione doganale e punisce l’introduzione, la circolazione e la sottrazione alla vigilanza doganale di merci non unionali o la fuoriuscita di merci unionali dal territorio doganale. Il secondo sanziona, invece, chiunque dichiara qualità, quantità, origine e valore delle merci, nonché ogni altro elemento occorrente per l’applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti in modo non corrispondente all’accertato. In entrambi i casi, la sanzione varia dal 100 al 200% dell’importo contestato.

Novità della riforma è che, in caso di contestazione penale, sarà sempre disposta la confisca amministrativa delle merci oggetto dell’illecito o dell’equivalente in denaro.

Per le aziende si rende pertanto necessaria un’attenta analisi dei rischi e una significativa attività di compliance sui temi internazionali e doganali.

Ipotesi di estinzione. L’articolo 112 delle Disposizioni nazionali complementari al Cdu introduce un’importante ipotesi di estinzione dei delitti di contrabbando punibili con la sola pena pecuniaria. In questi casi, infatti, l’autore della violazione potrà effettuare il pagamento, oltre che del tributo eventualmente dovuto, di una somma determinata dall’Agenzia in misura compresa tra il 100 e il 200% dei diritti previsti per la violazione commessa. Il pagamento consentirà di estinguere il reato, ma non impedirà l’applicazione della confisca.

Nessuna sanzione in caso di revisione di parte. Molto importante, infine, è la previsione di cui all’art. 96, comma 13 delle Disposizioni nazionali complementari al Cdu, il quale prevede che non si applicano sanzioni amministrative in tutti i casi in cui la revisione della dichiarazione sia avviata su istanza dell’operatore. Un divieto che era già contenuto nell’art. 20, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che impediva alle Autorità doganali di irrogare una sanzione in tutti i casi in cui il dichiarante chiede spontaneamente la revisione delle bollette doganali presentate.

All’origine di tale previsione vi è la finalità di evitare l’applicazione delle sanzioni amministrative, qualora l’interessato realizzi di non aver correttamente indicato taluno degli elementi alla base dell’accertamento divenuto definitivo, ove da tale errore derivi un debito verso la Dogana. L’obiettivo, infatti, è quello di incentivare gli operatori a verificare le dichiarazioni doganali presentate, in un’ottica di continua collaborazione con le Autorità doganali.