Pubblicato su “Staffetta Quotidiana” il 19/07/2024
di Sara Armella
L’introduzione, dallo scorso 5 luglio, dei nuovi dazi compensativi provvisori sulle auto elettriche cinesi rappresenta una novità di grande rilievo sia per il settore interessato che, più in generale, per gli scambi internazionali.
I nuovi dazi, compresi tra il 17,4% e il 37,6% (a cui si somma anche il normale dazio del 10%, già applicato per le importazioni di veicoli elettrici), sono stati adottati dall’Unione europea in risposta alla concorrenza delle imprese sovvenzionate dal governo cinese, che rischia di penalizzare la scelta di fonti di energia alternativa nel settore dell’automotive e di danneggiare le imprese europee.
La misura si inserisce in un quadro internazionale molto complesso, in cui gli Stati Uniti hanno aumentato i dazi sulle auto elettriche cinesi fino al 100%, mentre la Turchia prevede un dazio del 40% o il pagamento di almeno 7.000 dollari su ogni singola auto elettrica. Anche alcuni Paesi Brics hanno adottato un’analoga politica, con il Sudafrica che applica un dazio pari al 25% e il Brasile che prevede un incremento dal 18% al 35% nel 2026.
Si prevede che le nuove barriere tariffarie possano determinare un cambio nelle strategie di investimento, portando alcune imprese cinesi a produrre in Europa, come già è accaduto per le auto elettriche giapponesi alcuni anni fa. L’ondata di misure protezionistiche sta modificando i piani aziendali e porta alla realizzazione di impianti produttivi nei mercati di destinazione, dando vita al fenomeno del back shoring, dopo anni segnati invece da scelte di politiche di off shoring, da parte delle imprese occidentali, a favore di Cina, India e Vietnam. E infatti, tra i gruppi colpiti dai nuovi dazi vi sono anche alcune case automobilistiche europee che negli anni hanno rafforzato la loro presenza produttiva in Cina, come Bmw e Volkswagen. Proprio per evitare ritorsioni sull’industria europea, la Commissione europea sta valutando una riduzione delle tariffe per questi due produttori.
Dal punto di vista più generale, anche i nuovi dazi, rappresentando un costo aggiuntivo per le imprese che importano, saranno inevitabilmente ribaltati sul prezzo delle auto elettriche. Le nuove tariffe si ripercuotono dunque sugli automobilisti più responsabili, che orientano le loro scelte di acquisto ponendo in primo piano il minore impatto ambientale per la collettività e orientando già ora le proprie scelte nella direzione impressa dalla stessa Commissione europea, che ha messo al bando entro il 2035 le auto a benzina e diesel.
Le misure adottate nel 2024 dall’Unione europea, tra cui il CBAM e i dazi compensativi sulla mobilità elettrica, rischiano di dar vita a una nuova guerra dei dazi nei confronti della Cina, che a sua volta ha già avviato nuove indagini antidumping nei confronti delle aziende europee, in settori importanti, come la carne di maiale e gli alcolici.
Intraprendere una guerra dei dazi contro la Cina avrà conseguenze significative non soltanto per il settore dell’automotive, ma anche per molte altre aziende italiane che si occupano di export, considerato che verso la Cina esportiamo non solo moda, ma anche chimica, farmaceutica, macchinari, arredo. L’avvio di un nuovo fronte geopolitico, dopo quello (obbligato) con la Russia, dovrebbe essere attentamente considerato, sempre tenendo presente che il 40% del nostro Pil nazionale deriva da esportazioni e che la Cina rappresenta, per l’economia italiana, il secondo Paese extra europeo di destinazione dell’export, subito dopo gli Stati Uniti.
Tensioni geopolitiche e riflessi sugli scambi internazionali, nuove guerre dei dazi e misure protezionistiche saranno al centro delle riflessioni del Forum del commercio internazionale, a Milano il prossimo 15 novembre, un’occasione di confronto tra istituzioni, imprese, studiosi e media per discutere e approfondire i nuovi trend, destinati a riflettersi nell’economia e nella società.