Pubblicato su “Italia Oggi” 31/07/2024
di Sara Armella e Giovanni Bellotti

Il cliente di un servizio di fornitura elettrica può richiedere direttamente all’Agenzia delle dogane il rimborso delle addizionali provinciali indebitamente versate: è questo il nuovo e importante principio affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 29 luglio 2024, n. 21154, che pone fine a un orientamento restrittivo e si conforma ai principi stabiliti dalla Corte di giustizia europea.

Nel caso in commento, una Società utilizzatrice di energia elettrica si è trovata nell’impossibilità di richiedere il rimborso al proprio fornitore, poiché fallito. Nonostante la Corte, in precedenza, avesse negato il diritto del consumatore finale di attivarsi direttamente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria per richiedere il rimborso delle somme indebitamente versate, gli stessi giudici osservano che, ai sensi del diritto dell’Unione europea, gli Stati membri sono comunque tenuti a rimborsare le imposte e i tributi indebitamente versati dai cittadini UE. Garantire il diritto al rimborso, pertanto, concretizza il principio europeo di effettività.

Si tratta di un revirement importante, che interviene su un tema particolarmente sentito e diffuso: dopo una serie di pronunce di merito di contrastante tenore, la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittime le addizionali provinciali previste dal d.l. 28 novembre 1988, n. 511, poiché in contrasto con il diritto dell’Unione europea (Cass. n. 22343/2020). Attraverso alcune sentenze successive, a seguito delle numerose richieste di rimborso da parte dei consumatori, la Corte di Cassazione aveva previsto la possibilità di ricorrere direttamente all’Erario soltanto nei casi in cui gli utilizzatori finali dimostrassero l’effettiva impossibilità o l’eccessiva difficoltà di richiedere il rimborso al proprio fornitore.

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione osserva come il consumatore, che interviene per ottenere il rimborso di un’imposta indebitamente versata, agisce a tutela di un proprio diritto individuale. Inoltre, si dà atto del mancato recepimento della direttiva 2008/118/CE, rimarcando la totale assenza di una disposizione nazionale che legittimi il consumatore ad agire nei confronti del fornitore per richiedere il rimborso. Ciò era già stato sottolineato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (Corte di Giustizia UE, 11 aprile 2024, C-316/22), la quale ha ritenuto impossibile far valere il contenuto di una direttiva tra due soggetti privati (fornitore e consumatore), essendo quest’ultima vincolante soltanto per l’Unione e gli Stati membri.

Di conseguenza, ad avviso della Corte di Cassazione, indipendentemente dalla posizione soggettiva del fornitore (nel caso di specie sottoposto a fallimento), l’utilizzatore finale può sempre ricorrere nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, in forza del principio di effettività, per vedersi riconosciuto il rimborso delle addizionali indebitamente versate.

I giudici di legittimità, infine, osservano che la richiesta di rimborso è attivabile nel termine di prescrizione ordinario di dieci anni, rigettando la tesi secondo cui tale azione sarebbe stata soggetta al termine breve di due anni dal versamento del tributo.