di Sara Armella, Stefano Comisi

Il 27 febbraio scorso è stata ufficialmente pubblicata la direttiva del Consiglio UE 19 dicembre 2019, n. 2020/262, che riscrive la disciplina generale delle accise e sostituisce la direttiva 2008/118. L’obiettivo è di migliorare l’armonizzazione del settore accise in tutti i Paesi membri, rifondendo in un unico testo le numerose modifiche sostanziali intervenute negli anni sulla vecchia direttiva del 2008.

In generale, le previsioni della nuova direttiva entreranno in vigore il 21 marzo prossimo, anche se alcuni articoli, relativi in particolare all’oggetto del tributo, al debitore e alle condizioni di esigibilità si applicheranno solo a partire dal 13 febbraio 2023, in modo tale da consentire agli Stati membri un progressivo adeguamento.

La novella ha il merito di superare la precedente impostazione casistica, con una più generale individuazione dei presupposti giuridici delle accise: in questa direzione va letto il nuovo art. 6 della direttiva, che introduce la definizione di “evento imponibile”, del tutto assente nel corrispondente art. 7 della direttiva 2008/118. Il legislatore europeo, questa volta, ha dedicato una particolare attenzione all’inquadramento generale del sistema accise, in linea con la nuova tendenza di realizzare una completa normazione dei principi giuridici applicabili, anziché limitarsi a definire una casistica di dettaglio, che necessitava di un’opera di integrazione della Corte di Giustizia, spesso in una prospettiva analoga alla common law.

Molto importante è anche l’allineamento delle accise alle procedure doganali, per cui il Parlamento UE ha adottato la recente decisione 15 gennaio 2020, n. 2020/263, che contiene nuove regole per garantire l’efficacia dei controlli informatici sulla circolazione e tempi più ridotti in dogana per i prodotti sottoposti ad accisa.

Un altro aspetto significativo della nuova direttiva accise riguarda il contrasto alle frodi, che interessano con incidenza maggiore il regime di sospensione d’imposta. A tal fine è stata introdotta una nuova ipotesi di responsabilità solidale tra il soggetto che detiene il prodotto e colui che ne ha effettuato l’immagazzinamento (art. 7 comma 1, lett b).

Nell’ottica di rafforzare il contrasto all’evasione nella circolazione tra Paesi membri, il nuovo art. 9 prevede che, in caso di irregolarità durante i movimenti di prodotti in regime di sospensione, l’accisa è dovuta nello Stato in cui si verifica l’anomalia. Inoltre, in caso di mancato recapito di beni in regime sospensivo, si ritiene competente all’accertamento lo Stato membro di spedizione. Tale presunzione potrà essere superata solo con la documentazione idonea a provare che l’operatore del Paese di spedizione si è comportato conformemente alle norme. In tal caso l’irregolarità si considera avvenuta nel luogo in cui si è presumibilmente verificata.

Anche in questa novità si scorge un allineamento con la materia doganale, in cui è ormai consolidato il principio secondo il quale, nel caso in cui non sia possibile accertare il luogo in cui è stata commessa un’irregolarità, è competente lo Stato membro in cui è avvenuta la spedizione della merce (vedasi in particolare Corte di Giustizia Ue, sentenza 3 aprile 2009, causa C-230/06 e Corte di Cassazione, n. 30901/2019).

Tra le novità, va ricordato che il nuovo art. 6 chiede che la mancata immissione in consumo del prodotto sottoposto ad accise, per distruzione o perdita irrimediabile, debba essere sempre dimostrata. Rispetto al testo della direttiva precedente, tale obbligo si estende anche al caso di distruzione o perdita solamente parziale della merce.

I contenuti della direttiva 2020/262 non riguardano l’aspetto sanzionatorio del sistema delle accise, che resta demandato ai singoli Stati membri, nel rispetto però del fondamentale principio di proporzionalità, costantemente richiamato in materia di sanzioni dalla Corte di Giustizia UE in diversi interventi giurisprudenziali, con particolare riferimento alle imposte indirette (vedasi in particolare la sentenza Equoland).