La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 5933 del 3 marzo 2020, ha chiarito che il reddito di impresa del soggetto non residente è imponibile soltanto se la sua presenza è incardinata nel territorio dello Stato ed è dotata di una certa stabilità.

Tale ultimo requisito, noto come “Stabile organizzazione”, si rinviene, ai sensi dell’art. 162 Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi, d.p.r. 917/1986), quando il soggetto ha una sede di affari idonea, anche solo in via potenziale, a produrre reddito, oppure quando la sua attività risulta autonoma rispetto a quella svolta dalla casa madre.

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate ha contestato al socio amministratore e legale rappresentante di una società egiziana un’operazione finanziaria riferibile all’attività della società stessa.

I giudici tributari di primo e secondo grado hanno accolto il ricorso del contribuente, annullando l’accertamento delle Entrate.

Anche la Corte di Cassazione ha ritenuto non fondata la tesi dell’Amministrazione finanziaria, ritenendo assente il presupposto della stabilità richiesto dal Tuir. Il soggetto non residente non ha concluso abitualmente in Italia contratti inerenti l’attività commerciale della società egiziana. Inoltre, le somme di denaro confluite sui conti correnti a lui intestati provano soltanto che una parte dei pagamenti effettuati dai clienti della società è avvenuta mediante accrediti in Italia.