È illegittimo l’avviso di rettifica dell’accertamento doganale emanato prima del decorso del termine di 30 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione. Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 29 ottobre 2020, numero 23858.

Con la pronuncia in esame, i giudici di legittimità hanno ribadito che, per quanto concerne i tributi armonizzati e dunque Iva, dogane e accise, è obbligatorio il contraddittorio preventivo con il contribuente prima dell’emissione dell’atto impositivo, pena l’invalidità dell’atto emanato in violazione di tale diritto.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle dogane aveva notificato all’operatore l’avviso di rettifica senza concedergli il termine di 30 giorni, previsto dall’art. 11, comma 4-bis del decreto legislativo 374 del 1990, per comunicare proprie osservazioni. Ad avviso dell’Ufficio, la presentazione da parte della società di una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo avrebbe rappresentato una ragione di “particolare e motivata urgenza” che, alla luce dell’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212), consentiva di derogare al contraddittorio endoprocedimentale.

Al riguardo, la Corte di Cassazione ha affermato che l’art. 12 dello Statuto del contribuente e l’art. 11 del d.lgs. 374 del 1990 sono norme tra loro alternative per la diversa tipologia di accertamenti e di tributi che disciplinano (in tal senso anche Corte di Cassazione, 25 gennaio 2019, n. 2175). L’assenza, nella norma doganale, del riferimento all’“urgenza”, come elemento derogatorio del contraddittorio preventivo, non può essere colmata con un’interpretazione estensiva o analogica dell’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente.

In applicazione dei principi sopra esposti, in ambito doganale l’urgenza della riscossione non consente di derogare al contradditorio endoprocedimentale.

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sull’importanza del contradditorio preventivo che, per quanto concerne i tributi armonizzati, trova il proprio fondamento non solo negli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ma ora anche nell’art. 22, par. 6 del Codice doganale dell’Unione.