Il 16 novembre scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto di attuazione della delega al Governo per la riforma fiscale 9 agosto 2023, n. 111, con la quale saranno introdotte novità particolarmente significative nel processo tributario.

Le novità entreranno in vigore per i giudizi instaurati, in primo e secondo grado, con ricorso o appello notificato successivamente al 1° settembre 2024, mentre la soppressione del reclamo e della mediazione decorrerà dalla pubblicazione del successivo decreto attuativo.

Tale soppressione, che rappresenta una delle novità più rilevanti, sarà bilanciata dal rafforzamento dell’istituto della conciliazione su proposta del giudice tributario, che si estenderà sino al giudizio nanti alla Corte di Cassazione. I vantaggi della nuova conciliazione saranno una chiusura in tempi rapidi della vertenza e, a certe condizioni, una riduzione significativa delle sanzioni presenti nell’atto.

Altro aspetto di notevole importanza concernerà l’elenco degli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario, tra i quali sarà incluso, non più solamente in via “indiretta”, il diniego di autotutela, espresso o tacito, e la possibilità di impugnare l’ordinanza di sospensione.

Sempre in un’ottica deflattiva del contenzioso tributario, l’art. 17 ter d.lgs. 546/1992 stabilirà che gli atti del processo, i verbali e i provvedimenti giurisdizionali siano redatti in modo chiaro e sintetico. L’eventuale violazione di quest’ultima disposizione potrà incidere sulla determinazione delle spese del giudizio.

Ulteriori novità riguarderanno la modifica dell’art. 35 del d.lgs. 546/1992, che stabilisce l’immediata lettura del dispositivo al termine dell’udienza salva la facoltà di riserva di deposito e di comunicazione che non può superare i sette giorni, e l’ipotesi di definizione del merito con sentenza in forma semplificata tramite l’introduzione dell’art. 47 ter.

Con riferimento al divieto di nuova produzione documentale in secondo grado, che impedisce al giudice d’appello di decidere sulla base di prove che si sarebbero potute acquisire o che dovevano essere disposte nel precedente grado di giudizio, rimarrà eccezionalmente consentita al collegio giudicante l’acquisizione di prove escluse in primo grado qualora risulti indispensabile per l’esito del giudizio.