Tornando su un tema di grande interesse per gli operatori, la Corte di Cassazione, con la sentenza 9 ottobre 2020, n. 21775, ha confermato che il controllo di qualità non determina la daziabilità dei corrispettivi di licenza in dogana. Il controllo di qualità dei prodotti, infatti, è legato alla tutela del marchio oggetto di licenza e normalmente ha l’obiettivo di verificare che il produttore garantisca la sicurezza e il rispetto delle regole c.d. etiche, volte ad assicurare condizioni di lavoro in linea con gli standard europei.

Tale forma di controllo sul prodotto, pertanto, va distinta dal controllo sul produttore, che si identifica attraverso la presenza di una combinazione di più indicatori fattuali tra quelli individuati dalla Commissione europea nel Commento n. 11 della “Raccolta dei testi approvati dal Comitato del codice doganale” (Taxud/800/2002) e che comporta la tassazione dei corrispettivi di licenza in dogana.

Secondo la normativa doganale europea, vigente all’epoca dei fatti, le royalties concorrono alla determinazione del valore doganale delle merci se il compratore è tenuto a pagarle, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita, purché non siano già incluse nel prezzo e si riferiscano alle merci oggetto della valutazione (art. 157 e 160 Reg. CE n. 2454/193). In particolare, il requisito della “condizione di vendita” si realizza quando il titolare del diritto di licenza esercita un controllo sul produttore, ossia quando il licenziante è in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un “potere di costrizione o di orientamento” sul fornitore.

Nel caso esaminato dai giudici di legittimità, da un’attenta analisi dei contratti di licenza conclusi tra i licenzianti e la licenziataria, è emerso che il controllo del licenziante ha riguardato unicamente la qualità del prodotto, senza alcuna imposizione alla licenziataria circa la scelta dei produttori. Secondo la Cassazione, pertanto, la Commissione tributaria regionale di Milano ha correttamente escluso le royalties dal valore di transazione della merce, non essendoci  stato un controllo, da parte del licenziante, sui fornitori extra-europei, idoneo a configurare il requisito della “condizione di vendita”.