È entrata in vigore il 16 settembre 2022 la nuova disciplina del processo tributario, istituita con la legge 31 agosto 2022, n. 130, con cui sono state introdotte novità particolarmente significative, in grado di modificare radicalmente la disciplina del giudizio tributario
La riforma approvata con la legge 31 agosto 2022, n. 130, in vigore a partire dal 16 settembre 2022, rappresenta una profonda innovazione della disciplina del processo tributario.
Dal 16 settembre 2022, infatti, i giudici delle Corti di giustizia tributarie possono ammettere le prove testimoniali scritte.
Tali prove, in precedenza non autorizzate, sono ammissibili, anche senza l’accordo delle parti, ove i giudici le ritengano dirimenti per la soluzione della controversia, con l’unico limite degli atti facenti fede fino a querela di falso. In tali casi, invero, la prova testimoniale è prevista esclusivamente ove concerna circostanze di fatto differenti da quelle attestate dal pubblico ufficiale.
Altro aspetto di significativa importanza è l’esplicito riconoscimento dell’onere della prova in capo all’Amministrazione finanziaria o doganale. Spetta, pertanto, all’Amministrazione dimostrare i fatti e le circostanze su cui si fonda la pretesa fiscale. Il giudizio deve, pertanto, concludersi con l’annullamento degli atti impugnati in tutti i casi in cui la prova della pretesa dell’Amministrazione manchi o sia insufficiente per dimostrare il fondamento della pretesa impositiva.
Al fine di efficientare i giudizi di legittimità, smaltendo i carichi pendenti in Corte di Cassazione alla data del 15 luglio 2022, la riforma ha introdotto, inoltre, due diverse definizioni delle liti pendenti. Se l’Agenzia delle entrate è, infatti, risultata soccombente nei due precedenti gradi di giudizio e il contenzioso ha un valore fino a 100 mila euro, per il contribuente è possibile definire la questione con il versamento del 5% dell’importo originariamente contestato. Nei giudizi dal valore inferiore ai 50 mila euro, in cui l’Amministrazione finanziaria è risultata, invece, soccombente in solo uno dei due gradi precedenti, la sanatoria può essere riconosciuta esclusivamente pagando il 20% del valore della controversia.
Occorre, tuttavia, segnalare come le cause relative ai dazi doganali, essendo risorse dell’Unione europea, non potranno fruire di tali soluzioni agevolate delle controversie pendenti.
Da segnalare inoltre, la previsione di una nuova conciliazione giudiziale. Per le cause dal valore inferiore ai 50 mila euro, infatti, la Corte di giustizia tributaria può formulare una proposta conciliativa alle parti. In caso di perfezionamento dell’accordo, le spese di giudizio saranno compensate. La mancanza di accettazione da parte di una delle parti, in assenza di giustificato motivo, implica, invece, la condanna delle spese di lite aumentate del 50%, nel caso in cui la sentenza comporti un peggioramento a carico della parte, rispetto al contenuto della proposta conciliativa presentata.
Con riferimento al reclamo o mediazione, previsto in via obbligatoria per le cause dal valore inferiore ai 50 mila euro, la riforma in esame riconosce chiaramente che, nell’eventualità di rigetto del reclamo, la parte soccombente è condannata a versare l’integralità delle spese del giudizio. In tale ipotesi una sentenza negativa per l’Amministrazione può, inoltre, comportare la responsabilità amministrativa del funzionario che ha rifiutato la proposta di mediazione.
Altre importanti novità riguardano, inoltre, l’obbligo a svolgere le udienze per la sospensione giudiziale della riscossione nel termine perentorio dei 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, nonché la possibilità, per i ricorsi notificati a partire dal 1° settembre 2023, di effettuare le udienze di discussione a distanza tramite collegamento da remoto, su richiesta delle parti. Tale modalità è, tuttavia, obbligatoria in caso di trattazione delle udienze per la sospensione dell’esecutorietà degli atti.