I servizi esternalizzati dai fondi comuni di investimento possono essere ritenuti come esenti dall’Iva, a condizione che siano forniti distintamente e siano specificamente utilizzabili per tali organismi collettivi.

A riconoscerlo è l’Agenzia delle entrate, in numerose risposte ad interpello recentemente intervenute (Ris. Ag. Entr. 14 marzo 2022, n. 104, Ris. Ag. Entr. 29 settembre 2021, n. 631 e Ris. Ag. Entr. 6 agosto 2021, n. 527), con cui l’Amministrazione finanziaria si è uniformata alle ultime sentenze della Corte di Giustizia sull’argomento, con le quali l’ambito di applicazione dell’esenzione IVA per le attività di gestione dei fondi comuni è stato ristretto alle sole attività specificamente fornite per tali organismi di investimento collettivo.

Come noto, infatti, l’art. 135, par. 1, lett. g) della direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE ha incluso nella rubrica delle fattispecie esenti la gestione di fondi comuni d’investimento come definiti dagli Stati membri.

Vista la mancata armonizzazione, ai sensi della normativa Iva, dei concetti di  fondi di investimento, nonché di gestione degli stessi, tale esenzione è stata tuttavia declinata dalla Corte di Giustizia UE sulla base di un approccio casistico[1]. I giudici di Lussemburgo hanno dovuto disciplinare tale esenzione facendo riferimento ai principi generali di neutralità dell’Iva, in forza della quale l’imposta deve gravare allo stesso modo per fattispecie tra di loro poste in concorrenza, e di ristretta interpretazione delle fattispecie esenti.

In tale quadro si inserisce, da ultimo, la sentenza della Corte di Giustizia 17 giugno 2021, nelle cause riunite C 58/20 e C 59/20, K e DBKAG, la quale è intervenuta in senso particolarmente esplicativo, ribadendo che tale esenzione può essere concessa esclusivamente per i servizi rappresentano un insieme distinto, valutabile globalmente che siano specifici ed essenziali per la gestione dei fondi.

La Corte di Giustizia UE, in tale sentenza, ha, in particolare, enfatizzato l’importanza su tale secondo requisito, in forza del quale i servizi forniti ai fondi comuni, anche se esternalizzati, possono essere ritenuti come esenti solo se specificamente riferiti a tali organismi di investimento collettivo.

Non è  quindi più sufficiente che i servizi si pongano in concorrenza con l’attività di diretta gestione e amministrazione degli investimenti, dovendo disporre dell’ulteriore qualifica di servizi specifici ed essenziali per i fondi comuni, inquadrabili alla lista di prestazioni individuate, con riferimento agli OIVCM, nell’all. II della direttiva 13 luglio 2009, n. 2009/65/CE.

Tale presupposto è stato, pertanto, oggetto di tre diverse risposte ad interpello, con cui l’Agenzia delle entrate, chiamata a pronunciarsi sulla possibile esenzione per alcuni servizi forniti all’impresa incaricata della gestione del fondo comune, ha posto particolare attenzione al fatto che le attività fossero specificamente riferite proprio a tali specifici organismi di investimento collettivo.

Nello specifico, le recenti soluzioni offerte dall’Agenzia delle entrate, concernenti la prestazione di servizi di assistenza nella ricerca, anche tramite software informatici, sui possibili investimenti del fondo, hanno chiaramente riconosciuto che tali attività possono godere dell’esenzione Iva solamente ove siano mirate e specificamente utilizzabili per le forme di investimento collettivo,  non potendo, di conseguenza, essere riconosciuta l’esenzione Iva per le attività di gestione riferite anche ad altre forme di investimento.

Tali soluzioni dell’Agenzia delle entrate restringono, pertanto, un indirizzo di prassi precedentemente consolidato, il quale, muovendo dal principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, riteneva come esenti tutte le attività che si ponevano semplicemente in diretta concorrenza con la tipica attività di diretta gestione degli investimenti.

Per comprendere se l’attività fornita nei confronti dei fondi comuni di investimento può essere ritenuta come esente dall’Iva, è, pertanto, prevalentemente l’aspetto della specialità del servizio esternalizzato che deve essere analizzato, essendo tale requisito particolarmente attenzionato sia in sede di un eventuale interpello con l’Amministrazione finanziaria che in caso di verifiche a posteriori.

 

Sara Armella

Alberto Zingariello

[1] Corte Giust., 2 luglio 2020, causa C-231/19, BlackRock Investment Management (UK) Ltd; Corte Giust., 13 marzo 2014, causa C-464/12, ATP Pension Service; Corte Giust., 4 maggio 2006, causa C-169/04, Abbey National.