Non sono daziabili le royalties versate al titolare del marchio apposto alle merci importate, ove questo si limiti a effettuare un controllo di qualità sui beni del fornitore estero. Ad affermarlo è la Commissione tributaria provinciale di La Spezia, con la sentenza 16 settembre 2022, n. 277. 

Come è noto, il codice doganale dell’Unione europea (art. 71, Reg. n. 952/2013) prevede che le royalties concorrano alla determinazione del valore doganale delle merci importate soltanto se il compratore è tenuto a pagarle, direttamente o indirettamente, come “condizione della vendita” e ove non siano già incluse nel prezzo e si riferiscano alle merci oggetto della valutazione.

Secondo la normativa doganale europea di diretta applicazione il requisito della “condizione di vendita” si realizza quando il titolare del diritto di licenza sul marchio esercita un controllo sul produttore, ossia quando il licenziante è in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un “potere di costrizione o di orientamento” sul fornitore.

A tal riguardo, la pronuncia della Commissione tributaria provinciale di La Spezia, 16 settembre 2022, n. 277 conferma l’indirizzo già espresso dalla medesima Commissione con le sentenze 22 febbraio 2022, n. 52 e 24 maggio 2022, n. 147, sottolineando l’importante principio secondo cui la verifica di qualità effettuata sui prodotti importati dall’impresa titolare del marchio non è idonea a integrare il qualificato legame di controllo tra il licenziante e i fornitori extra-UE, non configurando, pertanto, i presupposti richiesti per la daziabilità delle royalties.

Secondo i Giudici, è necessario verificare, volta per volta, se ricorrano tali presupposti, prestando particolare attenzione ai singoli rapporti contrattuali intercorsi tra le parti.

In particolare, è stato espressamente riconosciuto che il legame di controllo richiesto dalla normativa europea non può essere ritenuto sussistente nel caso in cui siano presenti rapporti contrattuali tra loro distinti e indipendenti: uno relativo all’utilizzo a scopo commerciale del marchio (tra licenziante e licenziataria) e l’altro inerente la produzione delle merci (tra licenziataria e fornitore estero).

La Commissione, quindi, aderendo anche al recente indirizzo interpretativo espresso dalla Corte di Cassazione (sentenze 21 gennaio 2021, n. 1041, 9 ottobre 2020, n. 21775 e 16 ottobre 2020, n. 22480), ha escluso l’esistenza di un potere di indirizzo da parte della licenziante nei confronti dell’impresa produttrice estera, non essendo a tale fine sufficiente un semplice controllo di qualità sui prodotti importati dalla licenziataria.